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Il metodo utilizzato dal dott. A. Capponi: L'investigazione psicodinamica breve di E. Gillieron

Psicoterapia psicoanalitica

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Capponi Alessandro

Il metodo utilizzato dal dott. A. Capponi: L’investigazione psicodinamica breve di E. Gillieron (Scuola di Losanna) 

Il presente lavoro ha come obiettivo fondamentale quello di rendere operativo ed applicabile, sul piano concreto, la struttura teorica che definisce l’investigazione psicodinamica breve quale aspetto fondamentale per pervenire, in modo rapido, diretto e chiaro ad un quadro diagnostico ben definito di funzionamento psichico dei pazienti.
In tal modo è possibile per il terapeuta, già al termine della quarta seduta, comprendere non solo il livello d’angoscia, le difese, avere una migliore inquadratura dei sintomi e delle relazioni oggettuali del paziente, ma anche chiarire subito i punti chiave del percorso terapeutico che con il paziente si andrà a svolgere.
Come afferma Gabbard Glen O. nel testo “Psichiatria Psicodinamica” la psicoanalisi è venuta a trovarsi in una posizione paradossale, perché mentre da un lato ha dato un contributo fondamentale ed ineludibile alla conoscenza ed alla comprensione degli stati mentali – che la psichiatria non è riuscita a recepire pienamente – nello stesso tempo però, ha per troppo tempo tenuto in ombra, secondo lo stesso Gabbard l’approfondimento semeiotico-diagnostico, la differenziazione clinico-nosografica e il confronto diagnosi-processo terapeutico-risultato terapeutico. E’ quindi fondamentale ritenere che l’aspetto diagnostico è in grado in maniera sostanziale di aiutare il terapeuta nella definizione a breve-medio-lungo termine del percorso terapeutico.
Quindi è possibile pervenire attraverso l’intuizione di Edmond Gillieron, già dal primo contatto telefonico, ad un’ ipotesi diagnostica da convalidare o confutare in seguito che aiuti il terapeuta nelle successive elaborazioni. Il prof. Gillieron ci insegna che nessun dato, anche apparentemente il più banale, può passare inosservato: ad esempio, la telefonata, il primo appuntamento, le prime sensazioni del terapeuta, sono importantissime. A questo si aggiungono gli aspetti umani legati alla relazione tra due persone, tra due esseri umani. Il terapeuta, quindi, non è un Dio onnipotente, privo di emozioni ed il paziente esercita una funzione che permette al professionista di rispecchiarsi e di comprendere se stesso attraverso l’altro da sè.
Per dirla con le parole di Fonagy e Winnicott anche il bambino nella relazione con il genitore deve riuscire a vedere se stesso attraverso il caregiver. Se questo non accade il bambino è forzato ad interiorizzare la rappresentazione dello stato mentale dell’oggetto come parte separata dal se. In questi casi l’altro interiorizzato rimane alieno, risulta sconnesso dalle strutture costitutive del se. Il terapeuta quindi ha l’occasione di mettersi in gioco attraverso il paziente, di rielaborare dinamiche mai elaborate, di aggiungere al bagaglio della conoscenza di se stesso nuove dimensioni, più profonde, insieme all'essere umano che gli è di fronte.
Obiettivo imprescindibile di tale lavoro consiste nella descrizione teorica della tecnica di Gillieron associata ad una dimostrazione concreta che realizzerò avvalendomi di un caso clinico del quale, per l’appunto, tratterò le prime quattro sedute.
Ho scelto di centrare i tre concetti chiave ovvero: di cosa si parla, gli obiettivi e la descrizione del modello teorico della scuola, prendendo in esame tali concetti in modo estremamente sintetico per arrivare così direttamente al nocciolo della questione. Successivamente, non darò ampio spazio al caso clinico per motivi di privacy ma dimostrerò come già dalla telefonata è possibile pervenire ad un inquadramento della patologia del paziente, per arrivare in ultimo ad analizzare le caratteristiche fondamentali che contraddistinguono tale patologia, vista ed elaborata in chiave psicoanalitica.
Vorrei ribadire l’importanza che sia il terapeuta per primo a mettersi in discussione in quanto soggetto ad errori e per raggiungere l’obiettivo di comprendere le dinamiche in atto ed elaborare il controtransfert.

IL MODELLO TEORICO DELLA SCUOLA
L’investigazione psicodinamica breve è una tecnica di indagine psicodiagnostica in quattro sedute che oltre a permettere di individuare precocemente l’organizzazione di personalità del paziente, ha lo scopo di migliorare la presa in carico terapeutica, produrre a sua volta spesso degli importanti miglioramenti terapeutici, favorire l’alleanza con il paziente ed identificare delle importanti linee guida inerenti il progetto terapeutico da mettere in atto. Si potrebbe considerare allo stesso tempo un metodo di investigazione, di valutazione delle motivazioni del paziente e un primo passo terapeutico (Gillièron, 1995).
Per ottenere tali risultati è necessario predisporre un setting specifico, valorizzare la relazione terapeutica letta in base alla teoria dell’appoggio oggettuale, costruire un’ipotesi psicodinamica da convalidare o modificare in seguito. Il tutto viene a stringersi nel presente e diventa osservabile l’intera esistenza del paziente in modo lucido ed inequivocabile. Lo stile di interazione che il paziente induce nel terapeuta diventa nitido, chiaro.
In “Ricordare, ripetere e rielaborare” (1914), Freud aveva già affrontato il problema della tendenza del paziente a ripetere gli elementi del passato, non solo sul terapeuta ma su tutti gli ambiti della situazione attuale. Tuttavia Freud, rimanendo legato al proprio modello pulsionale, non ha osservato gli aspetti squisitamente transizionali della relazione terapeutica.
Solo successivamente, con autori come Ferenczi e Balint, (solo per citarne alcuni), verrà a focalizzarsi l’attenzione sulla relazione terapeutica. In questo ambito, Gillièron, rifacendosi a Freud, e in particolare a Ferenczi, Balint, alla teoria delle relazioni oggettuali e a Winnicott, sviluppa la teoria dell’appoggio oggettuale dell’equilibrio psichico. Tale teoria ci permette di cogliere, soprattutto nel contesto delle prime consultazioni, il modo in cui il paziente utilizza l’oggetto (terapeuta), per mantenere il proprio equilibrio psichico (Gillièron 1995).
Già Sandler nel 1976, aveva trattato, in un articolo dal titolo “Countertransference and role-responsiveness” il concetto di imposizione di ruolo, nella relazione tra paziente ed analista, nel senso che all'interno di tale relazione ciascun partner tenta di imporre all'altro una relazione di ruolo intrapsichica. In tutto questo domina il processo primario che mira ritrovare una percezione identica (identità di percezione) all'immagine dell’oggetto risultante dall'esperienza di soddisfacimento.
Risulta fondamentale, per il modello dell’investigazione breve di Gillieron, chiarire che la spinta alla ricerca dell’oggetto terapeuta nasce sempre da una crisi che rompe l’equilibrio del paziente e l’individuazione di tale “crisi attuale” assume, insieme all'appoggio oggettuale, una variabile di fondamentale importanza.
Già dopo il primo colloquio è possibile pervenire all'elaborazione di una ipotesi psicodiagnostica di funzionamento psichico che sarà il trampolino di lancio verso la pianificazione di un progetto terapeutico che contempli tutti i punti e le dinamiche che dovranno essere elaborate con il paziente.
Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio il modello:
- Il primo contatto terapeuta-paziente attraverso la prima telefonata e, di conseguenza, dobbiamo porre attenzione ai seguenti punti:
• Resoconto descrittivo del primo contatto telefonico ed analisi del proprio pre-controtransfert;
• Primo incontro sulla sala d’attesa…confermato o no il proprio pre-controtransfert iniziale?;
• Analisi della prima seduta secondo il modello della psicoterapia psicodinamica breve di E. Gillieron con enfasi posta all'accoglimento del paziente, all'utilizzo della neutralità e dell’astinenza, alla raccolta delle informazioni utili ai fini dell’ ipotesi diagnostica, all'interpretazione iniziatica mutativa capace di dare un senso ai sintomi e provocare un movimento depressivo, di lutto. Analisi del livello d’angoscia, delle difese e dell’appoggio oggettuale ricercato dal paziente;
• Riflessioni sul primo colloquio ed elaborazione degli elementi che porteranno all'ipotesi psicodinamica e più precisamente:
1) Pre-transfert e pre-controtransfert con evidenziazione dell’aspetto resistenziale insito nell'appoggio oggettuale che il paziente cerca di ricreare nella realtà con il terapeuta;
2) Crisi attuale = rottura dell’equilibrio pre-esistente che si riflette in un cambiamento nell'immagine di se stessi.
3) Conflitto intrapsichico che il paziente deve affrontare, dovuto agli eventi attuali;
4) Rapporto con il passato e con le relazioni primarie: coazione a ripetere.
Analisi della seconda e terza seduta ed approfondimento della raccolta dei dati anamnestici con cui è possibile convalidare l’ipotesi psicodinamica. e valutazione della reazione del paziente all'interpretazione iniziatica mutativa;
Quarta seduta, fine della presa in carico e valutazione della necessità di effettuare un percorso terapeutico. Restituzione al paziente con focalizzazione, eventualmente, degli elementi su cui lavorare.

PRIMO COLLOQUIO
Mentalizzazione dell’ipotesi psicodinamica che comprende:
1) Appoggio oggettuale;
2) Crisi attuale;
3) Conflitto intrapsichico;
4) Rapporto con il passato e con le relazioni primarie: coazione a ripetere.
Ipotesi psicodiagnostica ed identificazione del cambiamento da raggiungere.
SECONDA E TERZA SEDUTA
Approfondimento della raccolta dei dati anamnestici;
Verifica della concordanza o discordanza dei dati rispetto all'ipotesi psicodinamica iniziale.
QUARTA SEDUTA
Ulteriore approfondimento della raccolta dati;
Ulteriore verifica delle eventuali concordanze o discordanze rispetto all'ipotesi psicodinamica;
Restituzione;
Fine della presa in carico ed elaborazione dell’eventuale progetto terapeutico.

CASO CLINICO
La paziente X mi contattò ad un orario adeguato chiedendomi un appuntamento. Le detti l’appuntamento a distanza di una settimana dalle telefonata, dicendole anche che avrei potuto ricontattarla per stabilire un eventuale spostamento della data e del giorno, non avendo con me la mia agenda. La paziente accetta.
Le sensazioni pre-controtransferali percepite sono state positive: la voce era squillante, la telefonata adeguata, la ragazza sembrava giovane, avevo tuttavia registrato una sensazione indefinita, inspiegabile, che mi lasciava supporre che al telefono stavo dialogando con una personalità che presentava degli aspetti infantili. Tuttavia pensai: perché non ho detto alla paziente di richiamarmi il giorno dopo con l’agenda sottomano anziché darle subito un appuntamento ipotetico?. E’ come se qualcosa mi avesse spinto a darle un punto fermo, una certezza in via immediata.
Il giorno dopo dovetti richiamare la paziente per spostarle l’appuntamento come stabilito, essendo tuttavia molto chiaro sul giorno e l’orario. Arrivato il giorno dell’appuntamento, la paziente non si presenta e non avvisa. Provai irritazione per questo comportamento e decisi, a distanza di poche ore, di telefonarle per chiarire l’accaduto. La paziente rimase sorpresa, impacciata, ed affermò di aver compreso male, ovvero riteneva che avrei dovuto ritelefonarle (così aveva compreso) per darle la conferma del giorno e dell’orario.
Rimasi particolarmente colpito in quanto era la prima volta che mi succedeva una situazione del genere: era la prima volta infatti che una paziente volesse una conferma dopo che era stato stabilito chiaramente il tempo. Con molta calma spiegai alla paziente che non le avevo detto che avrei richiamato per una conferma e le diedi un altro appuntamento per la settimana successiva. Il giorno stresso dell’appuntamento (un paio di ore prima) la paziente mi richiama chiedendomi di nuovo la conferma del giorno e dell’ora stabilita la settimana scorsa. Diedi la conferma dell’orario stabilito. Le sensazioni pre-controtransferali non sono state più di irritazione, non mi sono più sentito svalutato come precedentemente era accaduto ma ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona con un forte bisogno di certezze.
PRIMO COLLOQUIO
La prima impressione fu buona. Mi trovai di fronte ad una ragazza gradevole nell'aspetto, ben curata sia nell'abbigliamento che nel viso. Non era presente un trucco marcato, ma adeguato al contesto situazionale. Mancavano due o tre minuti all’inizio della seduta, dopo esserci presentati, la paziente fece cenno di entrare ed io la fermai dicendole che l’avrei chiamata io. Si sedette educatamente e attese la mia chiamata.
Una volta entrata nel mio studio, subito si scusò per il giorno saltato la settimana precedente, io chiesi cosa fosse successo per ottenere ulteriori delucidazioni sull'accaduto ma lei tagliò corto dicendomi che le era sembrato che io le avessi detto che l’avrei richiamata per una conferma. Decisi di non prolungare oltre i chiarimenti sull'accaduto e lasciai libera la paziente dii esprimersi.
(Per motivazioni di privacy non posso andare avanti).

ANALISI
Quello che colpisce è che ci troviamo di fronte ad una paziente che spiazza il terapeuta perché sembra persa, con un grande bisogno di conferme, certezze, illogicità, ma nello stesso tempo è ben curata nell’abbigliamento e nell'aspetto, veste bene, con ottimo abbinamento di colori ed è molto femminile. Sembra tuttavia che ci troviamo di fronte ad un comportamento paradossale: mentre da un lato la paziente telefona chiedendo al terapeuta un appuntamento e spinge inconsciamente lo stesso a darle una disponibilità immediata nonostante l’assenza dell’agenda, dall'altro la paziente sembra “dimenticarsi” del giorno come niente fosse.
Si tratta sicuramente di una dimenticanza che apre un interrogativo sul livello di funzionamento psichico della paziente, ma è indice di gravità elevata oppure un segno di svalutazione del ruolo e della figura del terapeuta?. Inoltre la paziente non approfondisce l’accaduto nel primo colloquio, come se niente fosse e senza considerare il disagio arrecato all'oggetto terapeuta. Tuttavia suscita sentimenti ambivalenti: accudimento e irritazione. Come possono congiungersi, come possiamo integrare con una spiegazione psicodinamica sentimenti così contrastanti?. E soprattutto, è possibile ipotizzare che tali sentimenti suscitati da questa donna abbiano qualcosa in comune con le sensazioni che probabilmente la paziente potrebbe aver vissuto sulla sua pelle durante la sua vita e soprattutto nella relazione con le figure genitoriali?. In sostanza, il bisogno di accudimento nasce da una privazione che la donna ha vissuto fin dal'’infanzia?
La paziente agisce con un atteggiamento seduttivo nei confronti del terapeuta, pensare alle sensazioni controtransferali dello stesso, cioè agli iniziali bisogni di accudimento che muove nell'oggetto, ai frequenti sorrisi che mirano a ricevere conferme, certezze e spingono il terapeuta a sentirsi più un medico accudente che uno psicoterapeuta. Questo potrebbe far pensare a tentativi inconsci di manipolazione della terapia. Quindi una paziente manipolativa?.
La paziente inoltre ha spinto il terapeuta all'interno di una trappola, facendogli commettere un errore che poi è stato elaborato nella mente del terapeuta stesso: lo ha spinto a telefonare durante il primo boicottaggio dell’appuntamento per chiedere come mai non era stato avvisato dell’assenza.
La diagnosi è stata di Nevrosi del carattere.

NEVROSI DEL CARATTERE
Presentando aspetti di pseudonormalità, spesso risulta asintomatica. E’ una patologia del narcisismo: l’io è riuscito ad arrivare alle fasi iniziali dell'edipo, ma una specifica costellazione relazionale familiare provoca un blocco ed un ritiro della libido su di se (quello che Bergeret chiama “trauma affettivo disorganizzatore). Abbiamo quindi un eccesso di frustrazione dei bisogni pulsionali primari del bambino in una fase dello sviluppo in cui egli non è in grado di tollerarla, un eccesso di carica pulsionale che giunga all'io in un’epoca in cui questo non sia in grado di farvi fronte e che determini nell'io un esaurimento funzionale. Tale trauma è definito da Bergeret “trauma disorganizzatore precoce” ed avviene nell'epoca compresa tra il secondo stadio anale ed il complesso edipico. Tutto ciò impedisce al complesso edipico di instaurarsi come organizzatore della vita psichica dell’individuo ed il soggetto è inserito in una condizione che Bergeret definisce “tronco comune degli stati limite”, entrando all'interno di una pseudo-latenza precoce, evitando i contenuti libidici dell’ Edipo, pseudo-latenza che arriverà fino all'adolescenza. Il soggetto è asintomatico, tanto più che il trauma affettivo precoce passa inosservato. La sua organizzazione psicologica contiene però qualcosa di immaturo, di incompleto, di provvisorio, anche a fronte di un’adolescenza priva di contenuti libidici o sessualizzati. Il tronco comune andrà incontro ad evoluzioni diverse: una prima possibilità è quella di una persistenza di questa organizzazione non strutturata, tesa alla conservazione di un equilibrio narcisistico difensivo e regressivo, esplicitata nelle condizioni caratteriali o perverse. Se invece, come sovente accade, interviene un secondo trauma, il “disorganizzatore tardivo”, solitamente un trauma affettivo, una frustrazione degli elementi ideali del soggetto o una perdita vissuta in termini di abbandono, emerge una fortissima crisi d’angoscia, che segna l’esordio di una patologia conclamata e che sarà destinata a rimanere costante. A questo punto il tronco comune si ramifica, lasciando spazio a diverse condizioni della patologia limite: un’evoluzione è quella verso la depressione melanconica o il disturbo bipolare. Altri soggetti sviluppano una sintomatologia ansioso-fobica assai grave. In ultimo, altri precipitano verso una forte regressione ipocondriaca, dove il corpo viene investito in senso protettivo, autoconservativo e narcisistico, per evitare ulteriori rischi di scompenso depressivo. In tutte le forme di espressione sintomatologica descritte, il rischio dello scompenso depressivo, il senso del pericolo e della perdita, rappresentano l’aspetto unificante e caratteristico della sofferenza nella condizione limite. Il modo di interagire e di stabilire relazioni rispecchia una condizione di dipendenza passiva ed insieme di manipolazione dell’oggetto, che non può essere perso, ma controllato e dominato. Nelle nevrosi del carattere ritroviamo una incessante ricerca di un equilibrio tra autonomia e dipendenza. La relazione con l’oggetto è di tipo anaclitico: non avendo raggiunto un’economia genitale, il rapporto con l’oggetto è impostato secondo modalità anali. Il soggetto presenta forti dinamiche fallico-narcisistiche che lo proteggono dal rapporto con i desideri e con i forti bisogni di dipendenza. Hanno difficoltà a vivere i propri desideri e la paura ad essi connessa, ma al tempo stesso sono incapaci di usare la rimozione. Bisogni e desideri vengono negati e messi al servizio, spesso, degli altri. Riconoscere il bisogno di ricevere qualcosa da qualcuno equivarrebbe al riconoscere i propri bisogni e, al tempo stesso, la propria incompletezza. Negano quindi i propri bisogni di dipendenza e vanno in crisi nel momento in cui si rendono conto di averli. Svalutano tutto ciò che viene dato loro per annullare l’invidia. Si accontentano apparentemente di poco ma si tratta solo di una pseudo-soddisfazione oggettuale perché per loro l’oggetto esiste solo parzialmente. Questi pazienti sin da piccoli non hanno potuto sperimentare il vissuto di centralità “gratuito” nella vita mentale dei loro genitori. Questi ultimi, presi in genere da altri problemi molto spesso di natura relazionale e conflittuale molto frustranti che risvegliano memorie di antiche carenze affettive, è come se chiedessero al loro figlio un supporto narcisistico. Il figlio si trova così costretto a consacrare la propria vita all'appagamento dei bisogni narcisistici dei propri genitori negando i propri. Paradossalmente però nonostante i ripetuti successi sul piano scolastico e lavorativo, il futuro paziente non sviluppa un’autonomia, una sicurezza fallico-narcisistica circa le sue capacità e non serve in tal senso il fatto di aver gratificato il narcisismo dei propri genitori, sia il fatto di aver costituito un buon “antidepressivo” per una madre spesso ripiegata su se stessa. I vissuti edipici parziali sono del tutto privi della funzione organizzativa e perciò pur vivendo in condizioni di rivalità non riescono a vivere la rivalità stessa. L’individuo viene a trovarsi in balia della realtà esterna, dell’oggetto e della distanza di questo da sé e perciò il soggetto assume un atteggiamento seduttivo, ipomaniacale e sempre disponibile ed adattivo. Il conflitto è tra es-ideale dell’io e realtà esterna: l’ideale dell’io è il loro organizzatore della personalità e della vita reale e mentale, mancando la mediazione di un super-io strutturato. Sono soggetti destinati alla sconfitta per l'ambiziosità dei loro progetti. Le frustrazioni narcisistiche portano alla triade vergogna-angoscia anaclitica-depressione. Le difese principalmente utilizzate sono: l’idealizzazione, la svalutazione, l’inversione della pulsione, l'evitamento e fuga, l’identificazione proiettiva, il diniego delle rappresentazioni sessuali.
TRATTAMENTO
1) Porre un limite temporale alla terapia.
2) Aiutare gradualmente il paziente a mentalizzare, a riflettere sul perché, a frenare gli impulsi facendo collegamenti con il passato e con il problema focale.
3) Evidenziare contemporaneamente l’appoggio oggettuale ricercato dal paziente sin dai primi approcci sottolineando la resistenza nei confronti dei:
- propri bisogni di dipendenza
- proprio bisogno di valorizzazione
4) Impedire al paziente, interrompendolo, di utilizzare il setting ed il terapeuta come dei gabinetti in cui vomitare parole ed emozioni
5) Focalizzare le principali difese ed il loro aspetto antieconomico.
6) Esplorare il rapporto con i desideri in riferimento alla situazione edipica non elaborata ed elaborare le mancanze ricevute nella relazione con le figure genitoriali.
7) Elaborazione graduale del transfert ed elaborazione delle mancanze nella relazione con le figure genitoriali.
   
Dott. Alessandro Capponi